sabato 11 settembre 2010

Brigante Parafante, Valenti, Cordaru, Diego Mazza,

httpbloggercantafio1953blogspot.com              

                               Nuovo Brigantaggio nelle zone
Feroleto, Pianopoli, Accaria, Angoli, 
Migliuso, Cancello, 
Nocelle, Amato, Bianchi, 
Serrastretta, Castagna, San Pietro Apostolo.  
                           Pietro Paolo Mancusi detto Parafante
   Pietro Paolo Mancusi detto Parafante, nato a Scigliano, nel 1806  si  affilia al partito Borbonico, si mette alla testa di componenti fuoriusciti dalla banda di Francatrippa, il quale emigrò in Sicilia,  dopo aver guerreggiato, con esiti a lui favorevoli contro i Francesi.
La  nuova banda  con a capo Parafanti, dimoravano nelle campagne di Rogliano, ma assaltato molte volte alla baionetta dalle truppe Francesi, decise di cambiare aria e per questo scelse di venire a scorrazzare nelle nostre zone.
Il 26 ottobre del 1809 ormai la banda era diventata molto numerosa tanto da contare circa 100 componenti, trai quali 6 muniti di cavallo, attraversando la zona di Accaria giunse nelle campagne di Feroleto dove il 30 ottobre nella Serra di Ervanà distante da Feroleto circa 4 Km, sequestrarono Filippis Fedele  e Fazio Antonio  (Petraru), nostri compaesani, ad andare con loro fino alla Pietra del Corvo (Sito di geofisica nella Faggeta), che si trova tra i territori di Serrastretta e Decollatura.
In questo luogo appartato uccisero due grossi maiali, li arrostirono e se li mangiarono, dopo il banchetto, intimarono al Filippis e al Fazio di togliersi le scarpe, le calze, il gilet, il berretto, e il falzoletto, e li liberarono, dopo tempo la banda, che o per non sostare nello stesso luogo e anche per procurarsi il nutrimento scorrazzavano in lungo e in largo, si avviò  verso le montagne di Acquavona.
In quel periodo era Capitano della Guardia Civica di Serrastretta il sig. Casimiro De Fazio, che riferì il fatto malavitoso al Comandante della Piazza di Nicastro con la richiesta di informare il generale Jannelli.
Dopo avere espletato le informative il Capitano della Guardia Civica con un piccolo numero di civici perlustrarono la zona.
Anche il Generale Jannelli, mobilitò contro Parafanti e la sua banda, tre colonne ciascuna formata da 100 uomini, una comandata dal Capitano Vernetty, una dal Capitano Vilsech e l’altra guidata dal Capitano Charpuis, la loro ricerca risultò infruttuosa.
La banda di Parafanti aspramente perseguitata
si era rifugiata nel territorio di Migliuso, qui aveva trovato alloggio presso Giuseppe Antonio Scalise (Valenti), questo nascondiglio non sarebbe stato scoperto, se non sarebbe accaduto il fatto che adesso vi racconto:
Una donna nativa di Decollatura, accompagnava Parafanti nei suoi spostamenti, questa signora si ingelosì perché il truce Capobanda aveva rapito una fanciulla di 15 anni, della quale si era invaghito.
Un giorno, Parafanti e la sua comitiva scorrazzando nei boschi di Serrastretta passarono vicino a Decollatura.
La donna chiese il permesso di andare al suo paese: Parafanti glielo concesse, ma disse ad un suo bandito di nome Giovanni Falvo di Villanova: ” Scannala che questa ci tradisce”. Il Falvo non credendo a questo tradimento, si rifiutò di espletare l’eccidio, e la donna se ne andò libera a  casa sua.
La madre di questa donna ed i parenti la fecero presentare al Capitano della Guardia Civica di Decollatura Carlo Adamo al quale confessò di essere la compagna di Parafanti, avere fatto parte della banda e di aver dimorato a Migliuso nella casa di una donna di nome Cassandra.
E poiché dopo degli accertamenti, in tutto il comune di Serrastretta  esisteva solo una donna che potava il nome di Cassandra Mancuso, sposata con Giuseppe Antonio Scalise detto (Valenti) di Migliuso, capirono che la banda di Parafanti si trovava veramente in quella contrada presso la famiglia Scalise. Allora il capitano Adamo assieme al Generale Jannelli stabilirono di condurre con loro la Donna e di circondare tutta la zona da lei indicata.
Arrivò l’alba del giorno fatidico, era il 15 febbraio del 1811, 1500 legionari  diretti dal Generale Jannelli e sotto il comando del Capitano Fazio, Adamo e Scalzo partendo da Serrastretta seguirono la donna questa volta vestita da uomo, attraversando i boschi delle Serre e per le colline del territorio Angolese scendendo per i pendii che portano nelle località Coniglietto (Terrazzo pianeggiante panoramico, ulivetato ad est del centro abitato di Migliuso) e quindi giungere di soppiatto, nella Contrada (Valente) di Migliuso .
Non appena Parafanti intravide quella numerosa truppa avvicinarsi disse a Giovanni Falvo di Villanova ed a Pasquale Lo Schiavo detto Gunnella Di Amato: “Vedete là tutta quella gente che viene per assalirci non vi dissi che quella donna ci tradiva?” e Parafanti seguito da 8 briganti e dalla leggiadra fanciulla, si misero a fuggire, scendendo plausibilmente dal versante della fontana del Pantano, per proseguire attraversando le zone impervie e nascoste della fontana di Mangrisciano, continuando a scendere con l’intento di fare sperdere le loro tracce, scavalcando il poggio di Nocelle ed andare ad infrattarsi in una grotta che si trovava nel bosco che guarda a levante tra Nocelle e Malapezza,   detto ora bosco di Parafanti, (e precisamente nella zona di bosco di fronte alla località “Tinghi”, che occupa le pendici che vanno dalla strada ora provinciale fino alla valle del torrente Lucente, riscontrabile  facilmente perché detto bosco è attraversato da un viottolo riportato sulle mappe, la proprietà di questo bosco ora appartiene agli eredi di Salvatore Vescio conosciuto con il nome di Turillu de Matalena di Sovereto, contrada di Migliuso) ma i legionari li inseguirono. In questo bosco vedendosi accerchiati i Banditi (Masnaideri)  sbucarono ad un tratto a sorpresa, da una grotta e quà e là correndo come volpi e imitando i segnali dei legionari, e a sua volta gridando anche loro Morte a Parafante, Morte a Parafante, con il furbesco stratagemma riescono ad attraversare le fila  dei legionari.
Le forze dell’ordine li inseguono e proprio il gruppo comandato  dal Capitano Adamo, li stringe accerchiandoli,  intorno ai briganti i gendarmi sprigionano un  grande cerchio fuoco: durante questa sparatoria una pallottola (avvelenata) colpisce ad una gamba Parafante, due suoi seguaci gli cadono a fianco senza vita, un altro fugge, gli altri riparandosi dietro gli alberi e dietro a dei costoni rocciosi, continuando a combattere uccidendo numerosi legionari.
In Fine laceri negli indumenti e sanguinanti dalle ferite riportate, e quindi sopraffatti dal più grande numero di truppe i banditi furono presi; Parafanti, solo, appoggiato ad una robusta quercia dal grosso tronco e dalla chioma molto ampia, (Precisamente, percorrendo il canale irriguo di Cancello, a valle di questo, dopo le case ormai diroccate di località Chiuso, ed un po’ prima del torrentello nominato Romba, insisteva questa enorme quercia, che a memoria di gente ancora viventi la chiamavano “A cerza da Carvunera per la grandissima quantità di carbone che da questa quercia si ricavò. Lungo il sentiero antico che porta a fulinella, proprio dopo aver superato il torrente c’è un (Sito di geofisica) Pietra di grandi dimensioni nominata (A petra e Caruvetta). Salendo poi fino all’imbocco (Gorgia) del canale, pochi passi più sopra esisteva una cascatella del torrente Acquabianca, questa cascatella formava un piccolissimo laghetto soprannominato  Vullu de Parafanti, presso questo posto sempre persone ancora viventi dicono che durante le giornate delle caldi estate vi si recavano per fare il bagno tante persone, oltreché anche tante mamme di famiglia per fare il bucato, le quali avevano il timore di trovare il posto occupato da persone in abiti succinti a fare il bagno“) ancora anche se ferito continua a combattere.
Si avanza un milite, e Parafante lo atterra con un colpo di pistola; poi un altro milite di Altilia, più coraggioso e cauto, di soppiatto fa un giro avvantaggiato dalla presenza di folti cespugli e alberi, pianta una pallottola nel petto di Parafanti e lo stramazza. (Si racconta che il brigante Parafanti indossava un corpetto antiproiettile che sul petto aveva una forma a V per essere indossato, e proprio dove questa parte a V vicino allo sterno la pallottola mortale trovò la strada libera per andare a conficcarsi nel petto del Capo Banda).
Parafanti emette un grido molto forte e acuto, steso al suolo butta via la sua carabina. Il prode milite lo crede morto, corre e con slancio si avventa sul corpo del temutissimo capobanda per fare bottino delle cose che il Parafante portava addosso.
Ma il furbo e astuto Parafante che si era finto morto lo stringe; con le braccia lo stringe come una morsa e gli conficca un coltello nella schiena e l’uccide, ad un terzo milite avventore, nella estrema convulsione con un morso gli mozza un dito pollice della mano e poi esala l’ultimo respiro appagato e vendicato.
“More Parafante e more cuntientu, novantanove ed unu cientu“.
Da racconto di persona vivente si dice che il Brigante Parafanti era una persona dal bellissimo aspetto alto con capelli lunghi e ricci, gli venne mozzata la testa, che  fu tenuta su di un tavolo  per due giorni.
Questo fatto risulta dal cortese  racconto verbale fatto da Tommaso Maruca deceduto nel 1896, detto Pallottino di San Michele
Con la morte di Parafanti e di altri capibanda non si estinse del tutto il brigantaggio, ma……. seguiranno altri racconti in altre occasioni.

“”””””””””””””””

Giuseppe Antonio Scalise
Detto Valenti

Il 15 febbraio del 1811, furono eseguiti molti arresti da parte della Guardia Civica: Tommaso Antonio di Serra di Piro nel comune di Bianchi, Mastro Bruno Guzzo  nel comune di Castagna, l’Ufficiale Civico nel comune di Pittarella, tutti, perché ritenuti protettori di briganti e detentori delle armi di Parafante.
Nei villaggi di Migliuso ed Angoli furono tratti in arresto Giuseppe Antonio , Domenico ed Antonio Scalise detti Valenti, Domenico e Saverio Scalise detti Pettinicchio perché avevano protetto e mantenuto nel loro fondo Valente Parafanti.
Per questo reato furono condannati dalla Commissione Militare alla pena Capitale e quindi impiccati a Nicastro alle 20’30 del 14 marzo .
Il 17 aprile venne catturato il Brigante Giosuè Mazza di San Pietro Apostolo, questa cattura venne effettuata dalla guardia civica di Serrastretta Aiello Antonio, che per questo servigio ottenne come gratifica la casa ed il giardino del Brigante.


“”””””””””””””””””””””

Ferdinando Scalise detto Cordaro

Ricordando racconti di Banditi e di briganti riferisco qualche episodio, riferentesi a dei nomi che per quante volte li ho sentiti nominare sono diventati familiari.
Racconto di un personaggio che per il soprannome che porta ricorda una località del fiume Gaccia “Cordaro” nei pressi del fiume Gaccia, salendo, a partire dal ponte che collega la zona Sarella alla zona Vingiale, a circa  800 mt. A monte di questo ponte, risalendo il fiume Gaccia che da sempre è conosciuto con il nome ( a Jumara e gaccia)  fa’ un salto alto 4 mt circa, proprio questa cascata forma un laghetto chiamato fin dai tempi antichi “Vullu do Cordaru”, collegando il nome di questo posto con il soprannome del personaggio, prima di arrivare allu vullu do cordaru sulla destra dove il fiume svolta a destra, proprio sul costone di destra insiste (Sito di geofisica) una pietra di grandi dimensioni che affiora fuori dal suolo per circa tre metri, approssimativamente ha una grandezza di circa 40 metri cubici, bella da vedere e suggestiva da salirci sopra, la chiamiamo (A petra de Murizzu).
-In questo vullu tante volte durante i giorni più caldi delle estati della mia fanciullezza, in compagnia con mio fratello Franco e nostro cugino Armando, dopo aver fatto la solita capatina sopra la grande pietra, ci recavamo per fare dei tuffi (Che non consiglio ora a nessuno di fare, perché mentre ci tuffavamo si rischiava di andare a picchiare contro sassi e poi anche se la giornata è caldissima l’acqua è sempre molto fredda )-.
Questo personaggio detto Cordaro, faceva parte di una piccola comitiva con a capo  Diego Mazza, ferdinando Scalise Cordaru dopo avere avuto dei litigi con i suoi congiunti di Accaria, per intimorirli, sparo sulla porta della loro casa, questi per difendersi denunciarono il fatto alla legge e dichiararono che un loro congiunto  soprannominato Cordaru portava delle armi proibite ed era favoreggiatore del bandito Diego Mazza. U Cordaro informatosi che la legge lo braccava, si rese latitante, e si unì alla comitiva del Mazza, girovagò per le campagne fino al 1853.
La comitiva avendo sequestrato un certo Porchia Rocco di Sambiase, questo Sambiasino fu tenuto chiuso in una casella di campagna, nella contrada Cupa, (FORSE VALLE CUPA) a  custodia dell’ostaggio fu messo Ferdinando Scalise Cordaro, il quale cedendo alle suppliche del Porchia, con generosità lo fece fuggire, quando il capobanda Diego Mazza fù di ritorno, non trovando il prigioniero, rimproverò in modo molto aspro u Cordaro tanto che lo scacciò dalla comitiva. U Cordaro rimasto solo a girovagare senza nessun supporto, nel 1854 fù arrestato in contrada Crapuzza (Zona che si trova lungo la strada che va da contrada Ferro di Serra stretta a Decollatura, e precisamente dopo la zona detta Cusino), venne condannato a 30 anni di carcere, fù tradotto a Pescara dove trascorsi 5 anni morì, il 13 aprile del 1859. Per correttezza accostare il soprannome di questo personaggio al luogo descritto, forse non anno niente in comune ma io li ha voluti accostare non si sa mai, ai posteri ulteriori ricerche.



Altri componenti della banda di Diego Mazza

Giuseppe Guzzo Facione di Miglierina, Vincenzo Scalise fu Gregorio  Zambarano di Angoli e Pietro Scalise Scarabeo di Serrastretta si aggregarono alla banda del capo Diego Mazza, questi componenti risultarono molto feroci tanto da superare il capo banda. Avevano rubato, e perpretato reati atroci seminando terrore, in  tante occasioni: avendo rubato in una casetta di campagna del sig. Scalise Giuseppe di Angoli, in un terreno di proprietà di Emanuele Cianflone, di Morelli Antonio, di Mascaro Tommaso, di Scalise Raffaele sgozzandogli il gregge, facendo perire in modo miserevole Antonio Donato di Feroleto davanti agli operai Pietro e Tommaso Mascaro.
Questi banditi ricercati ed inseguiti dai gendarmi dell’Alfieri Maddalena, nella notte tra il 6 ed il 7 maggio del 1854 nel villaggio di Migliuso, in quelle zone si disputò un lungo e ostinato scontro dal quale i banditi ne uscirono illesi, e inferociti ancora di più scorrazzando per le campagne lasciarono segni di grande malvagità. Infatti avevano sfogato la loro rabbia contro il malcapitato Nicola Scalise, che lo picchiarono a morte e uccisero anche i suoi armenti.
Il famigerato Zambarano nutriva odio contro i germani Virgilio e Angelo il quale era fabbro, il 22 maggio del 1854 all’imbrunire mentre i due fratelli uscivano da una bettola per fare rientro alla loro casa, furono colpiti da due fucilate sferrate dai banditi Diego Mazza e Zambarano, nascosti nell’orto Cibbia, Virgilio morì all’istante mentre il fratello Angelo cadde a terra ferito molto gravemente, in seguito riuscì a guarire, ma i banditi non soddisfatti, hanno voluto portare a termine i loro intenti iniziali tanto da consumare il delitto, uccidendo il fabbro Angelo Scalise nella sua fucina nella notte del 22 febbraio del 1855.
Presso il piano Calderone in territorio di Miglierina, il bandito Facione uccise per futili motivi Giuseppe Iuliano detto Culercio, nativo di San Pietro Apostolo, dopo di ciò, con l’ausilio di Diego Mazza e di Zambarano fu ucciso anche il fratello di Giuseppe, Antonio, che si trovava nei pressi di San Pietro Apostolo sopra la strada statale.
Il bandito Scarabeo si diede alla latitanza a causa che in un giorno dell’inizio dellìanno 1855, mentre il figlio di Gregorio Scalise, fratello di Pietro mentre pascolava i suoi suini, causò danno alle piantagioni di Antonio Fazio detto Pietroguido, il quale lo seppe subito e si porto nei pressi del fanciullo che con un bastone lo picchiò ripetutamente, il padre del fanciullo Gregorio dietro a tale brutalità gridò vendetta.
Era la domenica di Carnevale dello stesso anno, e lo sventurato Antonio Fazio, tutto il giorno lo aveva trascorso suonando con le zampogne al seguito delle maschere per le vie di Serrastretta. Verso sera mentre faceva rientro nel suo fondo Tavano, fu seguito da Gregorio Scalise che giunti nella contrada Faghicello scagliò un colpo di scure alla testa del Fazio che cadde a terra esanime. La legge per questo efferato eccidio aveva emesso mandato di cattura contro il fratello di Gregorio,  Pietro, che essendo innocente, e assalito dalla rabbia si diede alla latitanza.
Un giorno incontrato, Diego Mazza, gli chiese di essere accolto nella sua banda, ma la richiesta fù respinta.
Prima di arruolarsi chiese al padre dell’ucciso Gregorio Fazio di ritirare la denuncia, in quanto lui non aveva commeso il delitto, ma il Fazio rispose di dare il perdono solo dopo aver pagato molto caro il sangue del figlio, allora si nutrì di vendetta e si diede latitante.
Mentre  Gregorio fazio il 3 luglio del 855 andava a Catanzaro, lo Scalise in compagnia di Diego, nascosti dietro a delle siepi, in contrada Amenta Territorio di Miglierina, dopo aver visto sopraggiungere il Fazio, lo chiamò e gli disse “ Gregorio tu non la vuoi finire di viaggiare per Catanzaro? Se non mi ritiri l’accusa seguiranno altri guai per te!” Il Fazio Rispose, “Il sangue di mio figlio chiede vendetta e tu devi darne conto alla legge per la sua morte. A questa risposta lo Scalise, perduta ormai tutta la pazienza, spianò il fucile ai reni del Fazio, e l’uccise sul colpo.---
Nel bosco a Caluodi nei pressi tra Polverini e San Michele, dimorava la banda di Diego Mazza, bisognosi di cibo e denaro, decisero di chiedere 500 ducati (L. 2.125) e le vettovaglie necessarie per due giorni al prete di San Michele. Questo temendo di essere di conseguenza redarguito dalla legge non acconsentì alla richiesta, a tale rifiuto, fece seguito un accanimento dei capi Banda Diego Mazza e Zambarano tanto che la sera di giovedì 7 giugno 1855, insieme ai componenti della banda si recarono a casa del parroco, bussarono alla porta che fù aperta, entrati si presentarono con il prestesto di chiedere un consiglio su quale comportamento assumere per presentarsi alla legge.
Il Prete li accolse con cortesia e li esortò elogiandoli per la decisione del bel gesto, a causa del quale avrebbero di sicuro avuto una grazia sovrana. Salutando con diligenza vollero che il prete li accompagnasse fino all’uscio, ma appena aprì la porta, subito con fare violento tirarono il parroco per le mani fuori dalla casa, e quindi li dovette seguire.
In seguito trasferitisi nei boschi della Sila, con l’ostaggio, lo liberarono dopo 10 giorni, dietro l’incasso di un riscatto di 1.000 ducati.






Racconti verbali:
Da racconti realmente accaduti, i briganti a Migliuso recatisi presso l’abitazione di Greco Santa Moglie di Vescio Antonio, chiedevano con insistenza cose da portare via, Zia Santa, sapendo che i briganti sequestravano bambini per poi chiedere il riscatto per la restituzione, in quella occasione aveva nascosto il Figlio Angelo sotto una Quadara, rassicurandogli di stare fermo e zitto.
La madre di Vincenzo Scalise conosciutoto Angelo di Migliuso, Zia Assunta figlia di Z’Anziana di Angoli raccontava che in contrada Valente dopo gli arresti di briganti avevano rinvenuto una moltitudine di teste di capra, sicuramente era stato il nutrimento dei briganti mentre dimoravano in quel luogo.
Note-- Queste pagine di racconto sono scaturite dall’appassionata lettura del libro “ Storia di Serrastretta…” Autore Filippo Bruni- che raccogliendo l’invito scritto a seguirne l’esempio e colmare ove possibile l‘opera, con il mio lavoro ho cercato di arricchire con dei racconti a me fatti da persone ancora viventi, che sono appassionate della storia che ha solcato la nostra zona, grazie di cuore a tutti coloro che dialogando con me, mi hanno offerto il loro ausilio.

Contesto storico dal 1806 al 1812

Nel 1806  I Francesi occupano il Regno di Napoli, Giuseppe Bonaparte fratello di Napoleone ne diviene Re; I Borbone si rifugiano in Sicilia.
L’anno dopo la  Toscana è annessa all’impero Napoleonico.
Lo stato pontificio viene occupato dai Francesi, che due anni dopo viene annesso all’impero napoleonico ed il Papa viene condotto prigioniero in Francia. .
Sul trono di Napoli a Giuseppe Bonaparte che assume la corona di Spagna succede Gioacchino Murat.
In questo anno Ugo Foscolo compone Dei sepolcri,
Ludwig Van Beethoven compone La sesta Sinfonia (Pastorale) e la settima.

Luciano Antonio Cantafio, nato a  Migliuso di Serrastretta il13 12 1952 e dichiarato all’anagrafe il 03 01 1953, è diplomato all’Istituto Magistrale Statale G. De Nobili di Nicastro ora Lamezia Terme.
  E’ stato membro per 8 anni del comitato festa di Migliuso.
  Ha formato e diretto un circolo ACLI a Migliuso con adesioni di Angoli e Cancello.
  E’ stato presidente della locale Associazione Sportiva MAC 3.
  Il Mondo non è ciò che noi vediamo
 ma è ciò che le persone  viaggiatrici e innamorate,
che si sentono cittadini del mondo,
 ce ne hanno detto, e ci dicono giornalmente.
  Il sentimento che mi ha mosso è quello che ubbidisce, all’amicizia, alla lealtà, alla sincerità, al mio lavoro diversissimo o simile al mio di quanti mi hanno preceduto, e di quanti ne seguiranno…..

Migliuso di Serrastretta, mercoledì 24 settembre 2008
Luciano  Antonio Cantafio

Quando,…
dopo cena,…
nelle sere,...
davanti alla legna scoppiettante,…
un anziano qualsiasi dopo aver parlato delle cose da fare il giorno dopo, e ancora la legna da ardere durava, iniziava come per caso a raccontare di storie antiche, di gente brava e di gente cattiva, banditi, briganti, ladri, fuggiaschi, fuorilegge,…
noi piccoli con orecchie attente ed occhi spalancati, ascoltavamo in silenzio senza perdere una sola parola, fingevamo atteggiamenti normali, ma dentro di noi ascoltando quelle storie di rapine, di sorprusi, di eccidi la paura faceva novanta…
e poi il sonno era l’unica medicina che attutiva la paura……

Frutto di amorevole passione per
I nostri luoghi ed i fatti storici
dedicato a perpetua Ricordanza

Racconti verbali:
Da racconti realmente accaduti, i briganti a Migliuso recatisi presso l’abitazione di Greco Santa Moglie di Vescio Antonio, chiedevano con insistenza cose da portare via, Zia Santa, sapendo che i briganti sequestravano bambini per poi chiedere il riscatto per la restituzione, in quella occasione aveva nascosto il Figlio Angelo sotto una Quadara, rassicurandogli di stare fermo e zitto.
La madre di Vincenzo Scalise detto Angelo di Migliuso, Zia Assunta figlia di Z’Anziana di Angoli raccontava che in contrada Valente dopo gli arresti di briganti avevano rinvenuto una moltitudine di teste di capra, sicuramente era stato il nutrimento dei briganti mentre dimoravano in quel luogo.

Calabria
Calabria  Bella e assolata,
Dal vento accarezzata
Nessuna cosa del creato
Tu hai mai desiderato,
Da tanta gente  bistrattata
Perché da costoro invidiata
 Gente buona e leale hai partorito
Che terra accogliente,
t’hanno chiamato,
Sempre dallo straniero soggiogata
 Ma tante volte ti sei rialzata.
 Dal tuo grembo ricco e generoso
 Hai sempre offerto cibo copioso,
 Per chi ha saputo il tuo frutto raccogliere
 Non ha mai avuto bisogno di chiedere.
Briganti, Calabri non soggiacenti,
Emigranti, Calabri per il mondo vaganti.
31 ottobre 2008 18.18 Cantafio Luciano Antonio 11

Nessun commento:

Posta un commento

Informazioni Personali

La mia foto
Cancello SERRASTRETTA, Catanzaro, Italy
MIGLIUSO-ANGOLI-CANCELLO- SAN MICHELE E D'INTORNI il nome MACS4 è un acronimo, le iniziali dei nomi dei 4 paesi soprannominati. Questo blog non rappresenta una testata giornalistica poiché viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 2001. Le immagini pubblicate sono quasi tutte di proprietà. Le rimanenti sono tratte da internet e quindi di pubblico dominio.